Possiamo essere ancora peggio

Pubblichiamo di seguito un testo inoltratoci da alcuni anarchici di Buenos Aires. Il comunicato in lingua originale è stato scritto nel mese di settembre 2017, anteriormente al ritrovamento del corpo senza vita di Santiago Maldonado

Riflessioni e considerazioni nel mese seguente la scomparsa di Santiago Maldonado.

Il primo agosto, i membri della comunità mapuche Pu Lof che resistono nella provincia di Cushamen hanno eretto delle barricate sulla strada statale 40, assieme a dei solidali.

Hanno bloccato il traffico in solidarietà contro i procedimenti legali ai danni di Lonko Facundo Jones Huala per la seconda volta. Alcuni minuti dopo, delle macchine e dei furgoni sono arrivati sul posto trasportando circa 30 poliziotti di frontiera armati di fucili. I compagni mapuche hanno cominciato a lanciare pietre, per rispondere alla presenza delle bastarde forze dell’ordine. I gendarmi sono avanzati tra i fitti lanci e hanno dato fuoco alle precarie abitazioni e possedimenti del Lof, obbligando gli occupanti a ritirarsi al di là del fiume. Santiago Maldonado (detto Lechuga o El brujo) è rimasto indietro. Alcuni degli abitanti hanno visto gli sbirri afferrare Santiago; altri hanno testimoniato di aver sentito la polizia dire “ne abbiamo preso uno”.

Successivamente sono iniziate a circolare immagini e testimonianze sulla scomparsa di Santiago, e sembrava che la polizia lo avesse preso e portato via su un veicolo militare simile ad un fuoristrada. Le autorità hanno mantenuto il silenzio durante tutto l’avvenimento.

Venerdì 4 agosto, alcuni anarchici e individualità solidali sono entrati nella sede del governo nella provincia del Chubut pretendendo il ritorno di Santiago. Il posto è stato devastato: computer, notebooks, finestre e decorazioni sono state tutte distrutte brutalmente, e alcuni volantini e delle scritte sono state lasciate sul posto riguardanti la repressione nel Cushamen.

Lunedì 7 agosto, è stato indetto un ritrovo nella piazza del congresso, unendo diverse organizzazioni e gruppi assieme alla famiglia di Santiago. L’incontro ha finito per essere parecchio allargato, e si sono presentati molti compagni. Arrabbiati non solo per ciò che era successo, ma anche perchè l’apparato politico (che si prepara per le elezioni) ha distribuito dei volantini per il suo fronte di sinistra. Lo stesso giorno, dopo il ritrovo, la strada Entre Rios è stata bloccata e gli occupanti hanno tirato sassi e petardi ai soldati a piedi, respingendo due sbirri della polizia cittadina e una guardia del congresso nazionale che stazionavano nei pressi. Dopo ciò, due motociclette della polizia sono state date alle fiamme. Alla fine il gruppo si è disperso senza alcun arresto o ferito dalla nostra parte.

Venerdì 11 agosto, sono state organizzate marce e azioni in varie parti del paese: Bolsòn, Bariloche, Rosario e Buenos Aires. Nella capitale, alcuni gruppi per i diritti umani (inclusa una sezione delle madri di Plaza de Mayo, le madri delle persone scomparse durante il periodo della dittatura) si sono trovati assieme ad alcuni membri della famiglia e amici di Lechuga; contemporaneamente altre organizzazioni di sinistra hanno organizzato un ritrovo pacifico in Plaza de Mayo di fronte alla casa rosada, la sede del governo. Di fronte alla folla, uno dei fratelli di Lechuga ha letto alcuni suoi scritti, facendo chiarezza sulla sua posizione apertamente anarchica e contro la polizia.

Una delle cose che ci ha fatto parecchio arrabbiare è la maniera in cui questi eventi sono stati strumentalizzati dai partiti politici, il partito dei lavoratori, l’MST (il movimento dei lavoratori socialisti), la convergenza socialista MAS (movimento per il socialismo) e i partiti di Kirchner, così come le ong e confederazioni come la CGT, la confederazione generale del lavoro (con il suo buio passato durante il periodo peronista, in cui sono coinvolte anche le AAA, gli squadroni della morte anticomunisti argentini e gruppi para-militari).

Hanno usato immagini parziali e vicende sul nostro compagno per darsi qualche spazio di legittimità all’interno del processo elettorale. Il rapimento di Lechuga non è una campagna politica! Questi sciacalli non si sentirebbero mai a disagio nel difendere la proprietà privata, la polizia di frontiera, o anche gli stessi governi che li reprimono e li sotterranno nella miseria della vita quotidiana, perché loro stessi desiderano ottenere lo stesso potere ed esercitare la stessa autorità. Non abbiamo nulla a che fare con loro, o con le loro risposte blande sul rapimento del nostro compagno.

Giovedì 17, è stata indetta una marcia a Còrdoba, dove una grande folla ha richiesto che Santiago ritornasse vivo. La polizia ha impiegato un apparato anti sommossa a dir poco gigantesco. La stessa notte, verso l’alba, alcune persone anonime hanno piazzato un rudimentale dispositivo esplosivo che ha bruciato le porte di entrata dell’associazione di sottufficiali della polizia nazionale di Còrdoba. Nessuno ne ha rivendicato la responsabilità. Alcuni giorni più tardi, un corteo nazionale contro la violenza poliziesca è sfociato in scontri, distruggendo il centro di Còrdoba. Più tardi, diversi spazi politici anche anarchici hanno subìto delle perquisizioni, incluso un salone da pranzo, così come le case di alcune madri i cui figli sono stati uccisi dalla polizia. Qui, gli sbirri hanno portato via solo dei poster, delle bandiere e dei volantini riguardanti il caso di Santiago (e hanno sequestrato anche del latte dal salone da pranzo). Alcune persone sono state fermate, ma poi rilasciate dopo poche ore.

Martedì 24, il gruppo HIJOS (cosituito dai figli dei desaparecidos) e altri gruppi di sinistra hanno indetto un ritrovo ed un corteo in Plaza San Martin a La Plata.

Molte persone hanno partecipato, tra cui anche un blocco nero di anarchici. Durante la marcia ci sono stati dei danneggiamenti nelle vie centrali della città. Il corteo è finito nella stessa piazza della partenza, di fronte alla strada dove si trova il senato di Buenos Aires. Sotto lo sguardo sconvolto di diversi cittadini indignati, la strada è stata bloccata, un camion è stato distrutto e il senato è stato attaccato con pietre ed un paio di molotov, portando alla distruzione e al rogo della facciata del palazzo. Due ore dopo, due persone hanno piazzato delle grosse lattine riempite di nafta, dando fuoco a due macchine parcheggiate di fianco al senato. Nessuno ne ha rivendicato la responsabilità. Diversi giorni dopo, il capo dell’intelligence di Buenos Aires è stato licenziato.

In alcune di queste iniziative e cortei, così come nelle strade e nelle università, e soprattutto sui social network, abbiamo visto che la maggior parte delle persone ha empatizzato con Santiago, ed una parte più piccola ha supportato le azioni violente. E’ vero che in Argentina parlare di sparizioni forzate significa parlare della dittatura militare e delle storie che hanno inciso sulla sensibilità sociale. La maggior parte dei politici tenta di nascondere la continuità dell’apparato repressivo, e di nascondere le similitudini tra la dittatura e l’attuale governo democratico. La repressione, la tortura e le sparizioni forzate non sono mai finite per davvero…

Pensiamo sia necessario espandere questo conflitto. Fin dai primi momenti, i compagni e i solidali hanno espresso solidarietà creativa in tutto il mondo, prima in Uruguay, Cile, Bolivia, Peru, poi Stati uniti, Spagna, India, Francia, Siria, Colombia, Messico, e molti altri angoli di questo martoriato pianeta. Queste espressioni solidali hanno diffuso non solo le notizie di ciò che è successo a Lechuga, ma anche il fatto che la solidarietà dev’essere internazionale, e senza confini che non siano i limiti che noi stessi poniamo.

La stampa prende la mira, lo stato preme il grilletto

Che dire degli articoli e delle investigazioni giornalistiche di mercenari come Jorge Lanata, Mauro Viale, Eduardo Feinmann e altri servi della stampa? Hanno messo in primo piano il nome della RAM, resistenza ancestrale mapuche, un gruppo di guerriglia separatista, addebitandogli più di 30 azioni da un giorno all’altro, dal volantinaggio all’incendio dei ranch, alla morte di un poliziotto di frontiera a San Martin de Los Andes, alla vendita di armi e droga.

Diffondono foto di possibili futuri Santiago Maldonado (persone che potrebbero fare la sua stessa fine) a Mendoza, Entre Rios, e Buenos Aires; si inventano teorie sul fatto che Santiago è stato ostaggio dei mapuche, che è morto in un attacco ad un ranch, che non è mai stato nel Lof, che era un semplice artigiano o un viaggiatore hippie.

Dopo l’attacco alla sede del governo a Chubut, la stampa ha attribuito l’azione alla cellula della RAM, dicendo che essa è avvenuta in maniera allarmante a due isolati dall’obelisco e che sono entrati sparando; ma se guardiamo il posto per due secondi attraverso le immagini rilasciate, possiamo vedere chiaramente che vi erano diverse A cerchiate lasciate sui muri e che i danni non sono stati fatti da alcun proiettile. La loro esagerazione è veramente senza limiti.

Lo stato ha bisogno di giustificare la propria autorità, per cui ha bisogno di creare dei nemici interni. La crisi della disoccupzione e quella dell’economia in generale sono sfociate in un malessere emergente che si può sentire chiaramente nelle strade; cosa può esserci di meglio dell’incolpare del collasso economico gli studenti non argentini, come ha detto nel suo programma televisivo di news Jorge Lanata? O incolpare della distruzione della vecchia economia i venditori di dischi pirata, come ha provato a fare il canale america 24 news? Cosa c’è di meglio del presidente Mauricio Macri che dice che i lavoratori devono smetterla di fare casino in giro con tutti questi blocchi delle strade, perché ciò disincentiva gli investimenti esteri?

Secondo le sue dichiarazioni, Patricia Bullrich (la ministra della sicurezza nazionale) ha detto che non permetterà che la polizia venga crocefissa (ha detto “non butterò la polizia sotto un autobus”), e ha sostenuto che quello di Maldonado non è un caso di sparizione forzata, e,tra i denti, ha affermato di pensare che è impossibile che 30 poliziotti di frontiera possano cospirare per uccidere e far sparire qualcuno. E ha continuato dicendo che le forze di polizia non sono le stesse di 40 anni fa, giocando il solito gioco di “dittatura cattiva, democrazia buona”.

La famiglia Bullrich ha sempre saputo difendere i propri interessi ideologici ed economici. Adolfo Bullrich era a capo di un business che ha venduto all’asta della terra dopo la disastrosa “campagna deserto”, una campagna spinta dall’allora presidente Avellaneda e continuata da Julio Roca, il cui scopo era annientare le popolazioni native che vivevano lì, impadronirsi di enormi proprietà di terreno, riaffermare la sovranità nazionale e generare succosi contratti di affari con le compagnie inglesi e del galles, così come con chiunque volesse investirci. Esteban Bullrich, il fratello di Patricia, ha lasciato il suo posto al ministero dell’educazione per presentarsi alle elezioni. In una pubblicità elettorale, Esteban ha parlato dei cambiamenti positivi che il governo Cambiemos aveva apportato durante quei mesi, dicendo “abbiamo messo più ragazzi nelle scuole, più pavimentazione sulle strade e più giovani uomini in galera..”. Sono sorprendenti queste parole che vengono da una persona che ha difeso l’assassino Luis Patti così che potesse esercitare la propria posizione nel congresso? Ha affermato che in democrazia c’è spazio per il dibattito tra differenti ideologie…

Dopo che la proposta di una settimana di azione per Santiago si è diffusa in internet, le forze di sicurezza dello stato si sono messe in allerta, a tal punto che un alto grado nel dipartimento dell’intelligence della polizia federale ha inviato un documento al governatore della provincia di Buenos Aires (Maria Eugenia Vidal, del partito di centrodestra PRO, proposta repubblicana), ordinando un aumento della sicurezza e della vigilanza nelle strade. Il documento descriveva possibili attacchi e rischi alla proprietà individuale, agli apparati di sicurezza, alle infrastrutture e agli edifici.

Il risultato è stato non solo un aumento visibile del numero di agenti di polizia (nelle piazze, nei palazzi della polizia di frontiera, nelle stazioni ferroviare, nei distretti di polizia e nei quartieri disagiati), ma è successo anche che hanno riportato alla luce gli scintillanti giochini che non vedevamo da tempo: veicoli armati della polizia federale, camion con cannoni ad acqua, e veicoli di trasporto truppe ovunque. Mancava solo l’esercito nelle strade.

Questa nuova escalation di repressione che è in atto e che continuerà nelle strade della capitale, dimostra che il ministro della sicurezza, così come i capi dell’intelligence della polizia intendono reprimere ogni solidarietà, rabbia e azione che si sono manifestate dopo la scomparsa di Santiago. Forse queste scintille possono portarci ad oltrepassare nuovi limiti…

In alcuni nostri spazi, l’accanimento è palese; oramai non si tratta più solo di intercettazioni telefoniche e di sbirri che pedinano i compagni fino a sotto casa, ma di squadre investigative che fanno foto, di blindati ad ogni angolo e di pattuglie che vanno e vengono.

Tutto ciò risponde ad un contesto specifico. In alcuni quartieri della provincia di Buenos Aires, la polizia ha fermato membri dei collettivi per chiedere loro i documenti e ispezionare i loro oggetti personali. L’incremento evidente di pattuglie e ufficiali di polizia non è solo uno tentativo di controllo e sorveglianza, ma anche al tempo stesso un tentativo di ripulire la terribile immagine sia della polizia di frontiera che degli sbirri. Durante il children’s day, la polizia di frontiera ha portato dei camion pieni di giocattoli alle diverse scuole e mense, ripetendo con la faccia di bronzo, slogan di solidarietà negli stessi luoghi dove operano un lavoro di intelligence, dove vengono a sparare e dove portano avanti una feroce repressione. Se il loro lavoro di intelligence è stato istituito sotto la cornice del progetto x nell’epoca di Kirchner, quando costruirono una squadra che seguisse i militanti e le organizzazioni, ora invece sono scesi in campo a giocare più di prima, divenendo una forza che lo stato può impiegare a suo favore.

Ovviamente la legge segue a breve distanza, non solo con la riforma di legge 24,660 (che rimuove quasi tutti i benefici del carcere e le uscite temporanee, dando più potere decisivo al servizio penale), ma anche con l’incremento delle sentenze, allargando le definizioni legali di associazione illecita, trasporto di armi e danneggiamento alla proprietà privata.

Le relazioni tra i mapuche e gli anarchici

Abbiamo visto che negli ultimi due anni, alcune comunità mapuche hanno abbandonato gli aspetti legali della lotta e deciso di occupare le terre dei grandi proprietari terrieri e porzioni di terra statale. Delle macchine sono state incendiate, ci sono stati attacchi coordinati in vari punti dei singoli ranche, analogamente a come sta succedendo nel wallmapu dalla parte cilena.

I media si sono affrettati a dichiarare che tutti i mapuche fanno parte della RAM, o che i mapuche che vivono nel Lof vi appartengono, generando un nemico interno perfetto. In realtà, la RAM non è altro che un’abbreviazione con cui i mapuche chiamano le loro azioni nel wallmapu in Argentina.

Lonko Facundo Jones huala è riconosciuto come appartenente a questo gruppo mapuche. Al momento è detenuto nella prigione di Esquel, dove ha passato 18 giorni in sciopero della fame, aspettando una presunta estradizione in Cile. Ha riconosciuto l’avvento di uno scontro storico non solo con lo stato argentino ma anche con quello cileno, così come con le corporations che hanno devastato i territori indigeni senza paura di ripercussioni, con la scusa del progresso. Questa è una lotta ancesrale che dura da più di 500 anni. La RAM è solo una piccola espressione di questa lunga lotta.

L’attacco e la persecuzione portata avanti non solo dalle forze dell’ordine, ma anche dai proprietari delle aziende e dai media è disgustosa. Tentano di giustificare sia la repressione che l’avanzamento del neocolonialismo. Sputano titoli di giornale alludendo ad una connessione tra i mapuche e le FARC, ad un possesso di armi militari da assalto, al fatto che i mapuche sono dei “falsi indiani” e molte altre idiozie.

Per noi, in quanto anarchici, è impossibile non essere incazzati per il modo in cui lo stato molesta, attacca e fa sparire i mapuche, così come i qom, i wichì, o i guaranì, senza parlare delle tribù che vivono nell’amazzonia, che resistono all’avanzamento delle macchine e del progresso umano chiamato civilizzazione.

Condividiamo molto con i mapuche che lottano nel sud della regione, ma c’è anche un divario che ci distanzia da loro. Le loro forme organizzative e di relazioni che hanno sviluppato, che includono se stessi con la natura e la terra sono la dimostrazione di una loro specifica visione del mondo. Da anarchici, ci tiriamo indietro di fronte al loro desiderio di avanzare per ottenere la propria nazione mapuche. Rispettiamo la loro dignità di ribelli e siamo solidali, ma non condividiamo totalmente la loro lotta.

Nessuna richiesta allo stato; conflitto permanente contro l’autorità

Noi tutti desideriamo che il nostro compagno ritorni vivo, che possa seguire qualsiasi cammino desideri. Sappiamo che lo Stato è responsabile per questa scomparsa, perché questo è uno dei metodi di persecuzione e di sterminio degli elementi di disturbo che impediscono il normale funzionamento della società. Per lo stesso motivo, non possiamo richiedere nulla ai nostri persecutori. Essi sono responsabili delle sparizioni, del narcotraffico, delle esecuzioni dei giovani nei nostri quartieri per mano degli sbirri, dell’approvazione delle leggi che aumentano le sentenze, che giocano con la vita dei prigionieri; sono responsabili dell’applicazione delle nuove tecnologie per il controllo sociale, della distruzione dei territori naturali per costruire muri di cemento e piantagioni di soia o mais ogm; responsabili di tutto ciò che fa girare le ruote del progresso capitalista.

Sentiamo che hanno tentato di de-politicizzare il nostro compagno. Hanno provato a negare le sue convinzioni anarchiche, hanno provato a renderlo uno slogan da campagna politica. Cristina Kirchner e i suoi lecchini sembrano avere memoria corta: parlano di Santiago, ma se la svignano quando parliamo di Julio Lopez. Anche se Hebe de Bonafinni (una delle fondatrici delle madri di Plaza de Mayo) ha detto che Lopez era un secondino e che Santiago era un attivista, l’ha detto per difendere il Kirchnerismo. E per di più, è una bugia: Lopez era un muratore ed è scomparso nel 2006 perché stava andando a testimoniare contro Miguel Ssvaldo Etchecolatz, un leader delle forze di repressione durante la dittatura. La scomparsa di Lopez dimostra che anche dopo 15 anni, l’esercito ha ancora un sacco di potere. E non vogliono nemmeno parlare di Luciano Arruga, un giovane del quartiere di periferia Lomas de Mirador, che è stato rapito, ucciso e seppellito come uno sconosciuto qualunque nel cimitero di Chacarita, perché si era rifiutato di rubare per gli sbirri.

E non vogliono nemmeno ricordare Cristian Ibáñez, che è stato imprigionato dalla polizia, per poi finire ammazzato poco dopo e spacciato per un suicida nella cella della caserma di polizia nella provincia del Jujuy, e neppure vogliono parlare di Marcelo Cuellar, che è stato ucciso nella città di Libertador General San Martin nel 2003, durante un corteo per l’omicidio di Ibáñez; entrambi erano dei militanti.

Non vogliono parlare di Carlos Fuentealba, ucciso dalla repressione poliziesca nel Neuquèn durante un blocco stradale dei sindacati sulla strada 22 nel 2007, o di Juan Carlos Erazo, ucciso a Mendoza nel 2008 dopo un ascesso al cervello causato da una ferita provocata da un proiettile di gomma ed un gas lacrimogeno, durante l’occupazione di una fabbrica dove lavorava.

Vogliono dimenticare che il 17 giugno 2010, Diego Bonefoi è stato ucciso dalla polizia a Bariloche, da un proiettile nella nuca. Il giorno dopo, il vicinato ha organizzato una protesta e altri due giovani sono stati uccisi: Nicolàs Carrasco e Sergio Càrdenas. Il 20 ottobre dello stesso anno, Mariano Ferreyra, un militante del partito dei lavoratori ha ricevuto due proiettili in corpo ed è stato ucciso

dai crumiri della railway union, durante una protesta organizzata dai lavoratori i cui impieghi sono stati affidati alla ferrovia roca ad Avellaneda.

Durante l’era di Kirchner, le popolazioni indigene hanno avuto la stessa triste sorte. Il membro della comunità indigena Javier Chocobar, parte di una comunità nel Tucumàn stava resistendo ad uno sgombero assieme ad altri suoi compagni. Il 12 ottobre 2009, un ex poliziotto a servizio del padrone dei terreni ha fatto irruzione e ha iniziato a sparare, uccidendo e ferendo altri abitanti della comunità. Il 23 novembre 2010 a Formosa, alcuni indigeni qom della comunità la primavera hanno bloccato la strada per richiedere le proprie terre. La polizia li ha repressi violentemente, uccidendone due, Sixto Gomez e Roberto Lopez.

Tutto ciò non è successo solo sotto il governo Kirchner. Tutti i governi sono dello stesso colore, e hanno dozzine di assassinii repressivi nelle loro mani. Prima ancora ci sono stati Víctor Choque, Teresa Rodríguez, Mauro Ojeda, Francisco Escobar, Aníbal Verón, Carlos Santillán, Oscar Barrios, i giovani Maximiliano Tasca, Cristian Gómez, Adrián Matassa, Miguel Bro, Javier Barrionuevo, Petete Almirón, Dario Santillán and Maximiliano Kosteki e molti altri che sono stati picchiati, torturati, fatti sparire, uccisi dalle forze dell’ordine, nei quartieri, nelle caserme, negli ospedali psichiatrici, nei bordelli e nelle prigioni.

Le loro mani sono sporche di sangue, il sangue degli emarginati, degli illegali, dei ribelli. La passività non è un’opzione: è ora di pretendere vendetta. Vendetta contro gli esecutori, per la vita misera che ci hanno imposto. Vendetta per la loro costante violenza. Non c’è mai stata pace, con così tanti morti, e sappiamo chi ne è responsabile. Sappiamo i loro nomi, le loro cariche, le loro intenzioni. Cercano di chiamarci infiltrati, cercano di chiamarci violenti, e noi rispondiamo: possiamo essere ancora peggio…

Alcuni anarchici a Buenos Aires, settembre 2017

 

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