IL CASO LUCHSINGER -MACKAY E LE LOTTE DEL LOF LLEUPECO CATRILEO

Questo articolo è stato scritto durante la mia permanenza all’interno del Lof (comunità) Itinento Lleupeco, rinominato Lleupeco Catrileo in seguito all’uccisione di Matias Catrileo da parte dei carabinieri nel 2008.

Dando retta allo stato cileno, ci troveremmo nel comune di Padre Las Casas, provincia di Cautin, regione dell’Araucanìa.

Con uno sguardo che si sforzi minimamente di abbracciare una prospettiva storica più ampia, oltre che una visione decolonizzatrice, ci troviamo nel Gulu Mapu, la parte di Wallmapu in conflitto col Cile.
Sono stato ospitato da comuneras e comuneros Mapuche a cui sono estremamente grato per l’amorevole accoglienza, la disponibilità dimostrata nei miei confronti e le informazioni qui contenute.

In questi luoghi è in corso una recuperazione territoriale (nota 1) per contrastare lo strapotere della famiglia Luchsinger, latifondisti di origine svizzera, a cui lo stato cileno sul finire dell’Ottocento svendette enormi appezzamenti, da secoli abitati dal popolo Mapuche.
Nel tempo i Luchsinger hanno sfruttato tali terreni per arricchirsi nell’industria agroalimentare, costruendo nel tempo stretti legami con la politica.
Chi invece avrebbe dovuto legittimamente usufruire delle terre usurpate, si è visto costretto ad affrontare violenze, repressione statale e gravi problemi economici.

Nel contesto di questo lotta per la terra si inserisce il cosiddetto “Caso Luchsinger-Mackay”.
Il 3 gennaio 2013 un incendio appiccato alla casa di Werner Luchsinger e Vivianne Mackay uccide i due coniugi.
Immediatamente viene arrestato il machi Celestino Cordova che, pur dichiarandosi tuttora innocente, nel 2014 viene condannato a 18 anni di carcere.
Nel marzo 2016 vengono arrestati altri 11 comunerxs Mapuche, fra cui la machi Francisca Linconao, con l’accusa di aver preso parte o comunque supportato l’incendio e l’omicidio.
Si dovrà aspettare l’agosto 2017 per l’inizio del processo, dopo più di un anno di prigione preventiva ed uno sciopero della fame di 8 prigionieri, oltre che campagne di solidarietà condotte al di fuori del carcere.

Il caso Luchisinger-Mackay fin da subito fu estremamente mediatico e strumentalizzato dallo stato cileno per diffondere la paura per l’esistenza di un fantomatico movimento terrorista in Araucanìa, così da giustificare la crudele repressione che seguì.
Il processo fu caratterizzato da accuse inventate, perdita di prove, illegalità giudiziarie, violenze e minacce a membri delle comunità Mapuche, pressioni sui prigionieri e torture subite da José Peralino Huinca per estorcergli una confessione ed incolpare così gli altri detenuti.
Nonostante il P.M. sollecitasse l’ergastolo, il 21 agosto 2017 la sentenza decretó la piena assoluzione per tuttx le/gli imputatx.

Nel febbraio 2018, su richiesta della famiglia Luchsinger e sotto pesanti pressioni politiche, la Corte d’Appello ordina un nuovo processo, con le medesime prove, ma differenti giudici che nel maggio 2018 condannano a 5 anni di carcere José Peralino e all’ergastolo José e Luis Tralcal, avvalendosi della legge antiterrorismo.
Luis decide di darsi alla clandestinità mentre José, agli arresti domiciliari, rimane in attesa della sentenza della Corte Suprema che purtroppo nell’ottobre dello stesso anno lo condanna, insieme a Luis, a 18 anni di carcere.
Da lì la decisione di José Tralcal di fuggire per evitare l’ingiusta pena.
La clandestinità di entrambi termina a Santiago nel febbraio del 2019 durante un’operazione della polizia investigativa che si caratterizzerà per l’utilizzo di più di cento effettivi e per violenze psicologiche ed insulti razzisti durante l’arresto e la successiva detenzione.

José e Luis Tralcal, secondo la legge cilena, devono trascorrere continuativamente in carcere, 9 dei 18 anni a cui sono stati condannati.
Dai quei nove bisogna sottrarre i quattro già scontati dal 2016 ad oggi ed un ulteriore anno per buona condotta.
Ne rimarrebbero altri quattro.
Tuttavia entrambi i comuneros Mapuche furono ingiustamente privati di 1200 giorni di libertà ciascuno, fra arresti domiciliari e prigione preventiva, per il “caso Tur Bus” (2009-2013), da cui uscirono innocenti.
Per questo entrambi hanno fatto richiesta affinché venga loro riconosciuto il legittimo sconto della pena che, qualora applicato, permetterebbe di vederli fuori dal carcere a fine 2020, anche se inizialmente con restrizioni della libertà.

La Corte di Temuco già si espresse a favore dello sconto di pena, nel dicembre scorso.
La famiglia Luchsinger tuttavia ricorse alla Corte d’Appello per invertire il giudizio.
Da allora la sentenza è stata più volte rinviata, fino ad arrivare ad oggi, mercoledì 19 febbraio, un cui nuovamente ai comuneros Mapuche è stato comunicato che dovranno ancora attendere prima di conoscere il proprio destino.

Da ricordare inoltre che José Tralcal, Luis Tralcal e José Peralino rimangono tuttora in attesa che sul loro caso si esprima la Corte Interamericana dei diritti umani.
Juan Tralcal (Nota 2), figlio 27enne di José, ha risposto pazientemente a tutte le mie domande, raccontando cosa significhi per la sua famiglia e la comunità avere alcuni membri detenuti in carcere.
Difficile da descrivere è il carico psicologico ed emozionale che attraversano, sapendo fin troppo bene che lo stato cileno trattiene ingiustamente persone innocenti.

Negli anni questo ed altri Lof sono stati impoveriti dal furto di terre e dalla violenta repressione statale. Unx comunerx in carcere significa infatti privare la sua famiglia e la sua comunità dell’apporto che in libertà potrebbe dare loro. Inoltre la rete di persone che supporta e sostiene la/il detenutx impiega notevole energia, tempo e denaro, senza ricevere nessun tipo di aiuto dalle istituzioni.
Da considerare poi c’è la stigmatizzazione che i famigliari vivono quotidianamente a causa delle campagne di criminalizzazione condotte dallo stato, con l’aiuto dei mezzi di (dis)informazione, nei confronti delle/dei Mapuche in lotta, che si sommanoal razzismo già abbondantemente diffuso nella società cilena.

Per quando raccontato finora e per molto altro che questo articolo non riporta, è più che mai necessario continuare a sostenere questo popolo combattente, fiero delle proprie radici e costantemente presente nell’attualità delle lotte.

COMPLICITÀ E SOLIDARIETÀ INTERNAZIONALISTA AL POPOLO MAPUCHE.
LIBERTÀ IMMEDIATA PER TUTTX LE/I PRIGIONIERX POLITICHE/CI.
MARICHIWEU!

Robert
Per la Rete in difesa del popolo Mapuche.
Nota 1.
La recuperazione territoriale iniziò nel 2001 con l’occupazione condotta dal Lof Lleupeco delle terre che solo nel 2009 vennero riconosciute loro legalmente.
Questo otto anni di lotte furono segnati da gravi violenze statali, numerosi irruzioni della polizia, l’omicidio di Matias Catrileo da parte dei carabinieri (2008), criminalizzazione della comunità e persecuzioni giudiziarie (vedi i casi “Tur bus”, ” Iglesias” e “Luchsinger-Mackay”).

Nota 2.
La famiglia Tralcal da anni lotta per il riconoscimento delle terre ancestrali Mapuche e per il diritto all’acqua, controllata dalla famiglia Luchsinger (il Codigo de Agua formulato nel 1981 sotto la dittatura di Pinochet privatizzò le acque del Chile e ne avviò la svendita a grandi imprese, spesso straniere, come nel caso di Enel).
Potrebbe risultare scontato ricordarlo, ma nel caso del Lof Lleupeco Catrileo, come di molti altri, il libero accesso all’acqua è di vitale importanza per comunità che fondano spesso la propria economia sull’agricoltura e l’allevamento.
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