INCONTRO CON LE MADRI DEI /DELLE PRIGIONIER * POLITIC* DELLA RIVOLTA IN OCCASIONE DELLA GIORNATA MONDIALE DEI DIRITTI UMANI.

La Rete Internazionale in difesa del Popolo Mapuche (Italia) ha incontrato, anche se solo virtualmente, alcune delle madri (della Organización de Familiares y amigxs de presxs politicxs) dei/delle prigionier* politic* della Rivolta cilena. Sono donne, madri, e compagne che dal passato 27 novembre hanno iniziato un digiuno come forma di protesta per chiedere, in occasione della giornata di mobilitazione convocata per il 10 dicembre, la libertà immediata dei propri figli e familiari, nel quadro della giornata mondiale dei diritti umani.

Esigono, inoltre, poter tornare a incontrarsi con i/le priginier* politic* che da marzo, a causa della pandemia, vivono in totale isolamento, senza diritto alle visite dei propri cari, fattore importante per la salute mentale di chi è privato della libertà. A questo proposito, diversi prigionier* politic* hanno iniziato uno sciopero della fame proprio per chiedere la restituzione del diritto ad abbracciare i propri parenti.


Ricordiamo che ad oggi in Cile ci sono più di 2000 prigionieri detenuti nel contesto della rivolta. La maggior parte è in custodia cautelare senza nessuna prova valida. In un anno 12.000 sono stati arrestati e 2.500 sono stati imprigionati. La custodia cautelare è diventata uno strumento di repressione politica progettato per contenere ogni tipo di dissenso o protesta.

Qual è la situazione attuale all’interno delle carceri e che impatto ha avuto la pandemia sulle vostre vite in questi mesi?

Tutte le carceri penali su suolo nazionale hanno proibito le visite ai detenuti, principalmente per evitare i contagi da covid-19. Ci troviamo in questa situazione da marzo. È stato un colpo fortissimo per noi, perché sospendere le visite significa perdere il contatto con i nostri ragazzi quindi per una madre, stare separata dai suoi figli, è un dolore immenso. Lo stesso per le fidanzate o i figli di questi ragazzi; loro soffrono il doppio. Quindi è realmente una situazione drammatica.

Ci viene consentita solo la consegna dei beni basici, da una a massimo tre volte alla settimana.

Come vivete la mancanza di comunicazione con i vostri figli?

Per le famiglie non avere diritto alle visite è terribile. Un’agonia. Immaginatevi che i vostri figli se ne vadano e di non poter toccarli, non poter parlare con loro, non poter preoccuparsi per loro, non sapere come stanno, se sono ammalati, se hanno mangiato, non sapere se forse li hanno picchiati, se gli è successo qualcosa o se magari, semplicemente, va tutto bene. Credetemi, per una madre o per una compagna, non avere contatto fisico con la persona che hai messo al mondo è terribile e non si può spiegare. Bisogna viverlo per poter capirlo.

Perché avete optato per il digiuno? Cosa chiedete?

Abbiamo optato per il digiuno principalmente per visibilizzare la prigione politica perché ad oggi il governo ne nega l’esistenza. I prigionieri politici esistono. In Cile la prigione politica non ha mai smesso di esistere, anche dopo la dittatura con il cosiddetto ritorno alla democrazia. Nel caso dei nostri figli, crediamo che la custodia cautelare si è di fatto convertita in una condanna anticipata e questo dimostra chiaramente che qui la prigione politica esiste.

Oltre alla visibilizzazione, che permette far conoscere le storie, i nomi e i cognomi dei ragazzi incarcerarti, il digiuno ha lo scopo di convocare, unire le forze per lottare tutti insieme per la liberazione dei prigionieri politici, attraverso l’indulto generale o con una legge per l’amnistia. Quello che chiediamo è la libertà per tutti i prigionieri politici, prescindendo dal delitto di cui sono accusati, soprattutto per i ragazzi minorenni, che sono sotto custodia del sename (Servizio Nazionale dei minori). Chiediamo anche che i delitti per cui sono imputati o condannati i nostri ragazzi siano eliminati dalla loro precedenti penali; questo lo chiediamo per alleviare e proteggere il loro lavoro politico futuro, in modo da evitare la persecuzione politica futura da parte del sistema. Un sistema che risponde a 30 anni di abuso e ad una classe politica con partiti di destra e di sinistra che ad oggi criminalizzano i nostri figli e che hanno favorito la prigione politica a partire dal 18 di ottobre dell’anno passato.

A pochi giorni dall’inizio del digiuno, come vi sentite? Come state emotivamente e fisicamente?

Per noi sono giorni difficili. A livello giudiziario, direi giorni neri. Non potete immaginare il dolore che stanno vivendo le nostre famiglie, in particolare alcune. I familiari che stanno un po meglio stanno partecipando al digiuno, altri sono impegnati con i diversi presidi e proteste. Sono tante cose. A volte sentiamo che è una crisi che stiamo vivendo sole perché alcune cose non possiamo raccontarle a nessuno, sono cose che hanno a che vedere con la scarcerazione dei nostri figli che sembra ancora lontana e quindi sono talmente tante cose che realmente ci sono giorni in cui non hai voglia di niente, non hai voglia di continuare; a volte è difficile anche solo rispondere al telefono. Stiamo passando giorni talmente complessi che quando tutto questo passerà forse avremo voglia di raccontare tutto a tutti, cosa che oggi è quasi rischioso fare per motivi di sicurezza.

Allo stesso tempo, ci sentiamo molto motivate, con il cuore pieno d’affetto, solidarietà. Molte organizzazioni, assemblee territoriali, o semplici individui si sono avvicinati ai familiari dei prigionieri politici con un grande senso di solidarietà donando energia positiva e dimostrando di essere disposti a continuare a lottare in modo che non si invisibilizzi la prigione politica e a rimanere al nostro fianco fino a che l’ultimo prigioniero politico sia liberato. Quindi per noi è un grande appoggio e riconoscimento perché sappiamo che i nostri figli non sono considerati da loro come delinquenti ma sono i veri protagonisti di questo cambio. Sono coloro che sono usciti con coraggio a lottare contro quel modello che l’unica cosa che faceva era difendere e perpetrare i valori della dittatura di Pinochet con politici, nessun partito escluso, comodi nella loro zona di confort. I nostri ragazzi hanno rotto con l’individualismo e gli stereotipi imposti. I nostri ragazzi per questo sono coraggiosi, conoscono l’amore, lo stesso amore di tutti coloro che oggi ci abbracciano e ci assicurano di essere al nostro lato. Per noi questo è importante. Sappiamo che ogni rivoluzione ha il suo costo e che qualcuno deve pur pagare. Senza dubbio chi ha pagato maggiormente sono i morti e i loro familiari, che dopo un anno ancora non hanno giustizia. La stessa cosa vale per i mutilati, molti di loro hanno perso la vista e anche per loro non sembra esserci giustizia. Per quanto ci riguarda, con tutto il dolore che stiamo vivendo e con il fatto che ci hanno distrutto la vita, siamo coscienti di avere, se non altro, la possibilità di liberare i nostri figli e ricostruirci una vita, perché i nostri ragazzi sono vivi e questo è qualcosa di cui non ci possiamo dimenticare. Per questo la nostra lotta continua.

Ci sembra di capire che l’appoggio che state ricevendo è tanto e sostituisce la completa assenza di uno Stato che dallo scorso ottobre ha incarcerato, isolato e criminalizzato le proteste sociali e i vostri figli. Da dove arrivano le maggiori dimostrazioni di solidarietà?

La solidarietà arriva e sorge spontaneamente da organizzazioni autoconvocate e autogestite come la Coordinadora 18 de octubre o le coordinadoras regionales che a partire da ottobre 2019 si sono rese conto della reale necessità di affrontare la situazione e appoggiare le famiglie dal punto di vista emozionale e professionale, mettendo a disposizione avvocati, medici, etc.

Chi ci ha dimostrato solidarietà sono stati anche solo i vicini di quartiere, persone che organizzano raccolte fondi, comprano beni basici per i prigionieri politici come alimenti e vestiti. Questo si verifica in diversi quartieri. Anche la solidarietà internazionale si è fatta sentire, da diversi paesi. Per noi ricevere il vostro affetto è importante e sentiamo che il vostro appoggio è reale.

Come Rete Internazionale in difesa del Popolo Mapuche aderiamo alla richiesta di libertà immediata e senza condizioni dei/delle prigionier* politic* della Mapuche e della rivolta e ribadiamo il nostro totale appoggio e solidarietà internazionalista alle loro famiglie.

Hasta que la dignidad se haga costumbre”

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