Lo scorso 25 settembre siamo stati testimoni di una codarda reazione di fascismo. Una folla ha marciato verso Iquique con slogan razzisti contro gli immigranti che si trovano nella città, accusandoli di essere ladri, prostitutx e altre forme di criminalizzazione. Si è ripresentato il solito discorso alienato di: “sono arrivati a toglierci il lavoro/spazio/sicurezza”. Tuttavia, sembra che a quelli non disturbi che le miniere delle multinazionali o di Luksic avvelenino e rubino le loro acque o paghino stipendi miserabili.
Si è potuto vedere come impunemente e con tutta tranquillità hanno espulso tante famiglie dall’accampamento (addirittura in alcune case buttando giù le porte a calci) per poi bruciare le loro cose, lo scenario più pietoso più lamentabile la fotografia di uno schifoso fascista lanciando al fallo un carrellino di bambinx.
Il fascismo può crescere fino a un grado di violenza mai visto nel territorio, in totale impunità, però sembrerebbe che le leggi che ci incolpano quando facciamo barricate e ci scontriamo con l’ordine pubblico, solitamente funzionano se lo scopo è far finire quest’ordine sociale, oppure se sei povero. Quel giorno, i fascisti hanno attaccato con l’assenso degli sbirri, che si può vedere nella loro assenza oppure nelle fotografie in cui facendo tranquillamente due chiacchere con i loro pari fascisti.
Dall’altra parte, si è installato un discorso di demonizzazione degli immigranti, il quale ha un ruolo importante nella criminalizzazione e nel trasferimento della responsabilità per le miserie della classe lavoratrice, causate invece dai/le borghesx. Questa narrativa è necessaria per giustificare il fascismo. Questa non è nata di forma spontanea e non ha nemmeno un radicamento esclusivo in Iquique. Sono stati la classe politica, la stampa borghese e il fascismo civile che hanno incitato l’irrazionalità patriotica di un settore della classe lavoratrice.
Tuttavia, non possiamo essere indulgenti con il nostro popolo. L’avanzata del fascismo in questo periodo non è responsabilità esclusiva di quelli che abbiamo già menzionato. Come popolo abbiamo una parte di responsabilità, come ce l’abbiamo riguardo alla prigionia politica quando abbiamo sentito gente che delegittima la violenza popolare, legittimando la repressione dello stato oppure facendo appello alla “pace” come la intendono i potenti. Il razzismo internalizzato nella classe lavoratrice è stato necessario perché si potesse permettere questa brutalità, nello stesso modo in cui la legittimazione della repressione è necessaria per mantenere i nostri compagni e fratelli dentro il carcere.
La repressione non perseguita chi ha cacciato le famiglie, ha bruciato le loro cose per la strada e li ha aggredito in forma irreparabile o chi ha incitato l’odio contro gli immigranti. La repressione perseguita i migranti poveri e a chi venga in mente ribellarsi contro il sistema. Per questi motivi, il nostro appoggio sarà sempre per gli oppressi, sfruttati e dominati.
Unione tra popoli, guerra tra le classi!
Abbasso i muri delle prigioni e le frontiere delle nazioni!
Aggiornamento sulla situazione dei prigionieri politici nella regione cilena
Facundo Jones Huala
Nella giornata del 14 settembre è stata negata ancora una volta dal tribunale supremo la libertà vigilata a Facundo Jones Huala. Il Lonko compie una condanna di nove anni di prigione: sei anni per l’accusa di incendio di una proprietà nel 2013 nel campo di Pisu Pisue, vicino a Valdivia; e altri tre anni per possesso di un’arma di fuoco artigianale. Mentre si realizzava l’indagine, il compagno ha passato tre anni all’interno di diverse prigioni su entrambi lati delle Ande, i quali sono stati conteggiati, riducendo la condanna a sei anni; ricordiamo che il lonko è dovuto fuggire del territorio dominato dallo stato del Cile quando si trovava in custodia cautelare mentre si sviluppavano le indagini del caso, però è stato trovato in territorio argentino e dopo un processo abbastanza irregolare è stato estradato in Cile. La sua avvocata, Karina Riquelme, ha segnalato alla stampa indipendente che il fondatore della Resistenza Ancestrale Mapuche (RAM) è in possesso di tutti i requisiti di legge e si attiene alla buona condotta che gli dà diritto e la possibilità di ottenere la libertà vigilata.
La commissione di Libertà vigilate aveva mosso a fine del 2020 la prima richiesta di libertà vigilata, che però è stata rifiutata a causa della presa di posizione della Gendarmeria cilena. Un fatto grave ha chiuso l’udienza dello scorso 14 settembre: avrebbe assistito all’appuntamento virtuale un avvocato del governo che avrebbe raccomandato esplicitamente che “Jones Huala non fosse liberato in funzione della gravità del reato commesso”. Alla fine, è stato indicato che l’ambasciata argentina avrebbe dato l’approvazione della libertà condizionale per il prigioniero.
Caso U. de Concepciòn
Lo scorso 21 Settembre la corte di garanzia di Concepciòn ha accolto la richiesta della delegazione presidenziale regionale (ex intendencia) di mantenere la sua condizione di querelante, pur avendo presentato la documentazione totalmente fuori delle scadenze legali (tre giorni dopo). La delegazione ha presentato un’accusa particolare contro i/le 12 accusatx per la loro presunta partecipazione ai danni generati all’interno della Università di Concepcion durante le rivolte tra febbraio e marzo 2020. Durante la stessa settimana è stato accolto il cambio di ingiunzione da arresti domiciliari totali a arresto notturno per due degli imputatx. Dei 12 imputatx, sei di loro sono minorenni.
Luis Castillo Opazo
Dopo multipli intenti e persecuzioni mal intenzionate da parte della procura di Atacama, il compagno Luis Castillo è stato condannato a quattro anni e un giorno di prigione effettiva. I persecutori lo hanno accusato per reati e disordini pubblici, illeciti di danni semplici, furti perpetuati in luogo non abitato e delitto di danni qualificati. In un principio se le avrebbe accusato per 27 reati che posteriormente sono stati decaduti per gli stessi accusatori. Questa condanna significa la prima nella regione di Atacama nella quale si è applicata la legge di sicurezza interiore dello stato. Il compagno nella sua degna lotta di resistenza all’interno del carcere ha mantenuto attive azioni, solidarietà con i prigionieri anarchici, sciopero della fame, inclusive è arrivato a cuocere le sue labbra. L’appello è a solidarizzare con i compagni condannati, a non dimenticare e continuare agitando fuori delle carceri, appoggiando con mezzi, nelle visite e con lettere. Lasciamo chiaro che con la condanna nessuno rimane dimenticato!
Johan Millanao
Lo scorso giovedì 23 di settembre è cominciato il giudizio orale contro il weychafe Johan Millanao, che ha più di un anno e due mesi in custodia cautelare nel carcere di Angol accusato di un montaggio. Li auguriamo il meglio e tutta la fortuna nel suo giudizio e salutiamo a tuttx i/le sorellx mapuche incarcerati per lo stato coloniale
PABLO “OSO” BAHAMONDES E HENRY “PAJITA” MÉNDEZ.
Dopo più di 3 anni di detenzione e carcerazione, inizia il processo di Pablo e Henry fra i vari tentativi giudiziari non andati a buon fine per ottenere un’udienza in presenza come richiesto dalla difesa. Questo 27 settembre inizia il processo virtuale nel tribunale per l’udienza penale di Melipilla.
I compagni sono stati arrestati nel 2018, dopo un’indagine e dei pedinamenti a Villa Francia. Sono accusati di aver piazzato e fatto detonare degli artefatti esplosivi nella dépendance di Palazzo Pubblico nell’aprile del 2017 a Melipilla, sono accusati anche di detenzione e trasporto di armi di fuoco e munizioni. Entrambi rischiano 36 anni di reclusione come richiesto dal Pubblico Ministero.
BRANDON SARMIENTO.
È un giovane di 20 anni, studente e lavoratore indipendente che è stato arrestato il 26 ottobre 2020 con l’accusa di detenzione e lancio di molotov, da allora si trova incarcerato nel carcere di Puente Alto.
Lo scorso 2 agosto, Brandon è stato condannato in prima istanza a 3 anni e 1 giorno, per cui i suoi legali hanno chiesto che Brandon potesse accedere alla libertà condizionata, ma tale richiesta è stata rifiutata per cui il compagno e prigioniero della rivolta dovrà scontare la sua condanna in carcere.
JEREMY JERÈZ E OMAR RAMÍREZ.
Dopo che lo scorso 9 giugno il tribunale ha accolto l’appello per l’annullamento che era stato richiesto dal Pubblico Ministero, dal Ministero dell’Interno e dall’Azienda Metropolitana, è iniziato un nuovo processo contro i due compagni della rivolta accusati dell’incendio della Stazione della metropolitana La Granja. Tali fatti sono successi durante i primi giorni della rivolta popolare di Ottobre. Il 9 settembre sono state presentate le arringhe per l’inizio del nuovo processo che pretende definire e aggravare le accuse contro i compagni: ricordiamo che erano stati già condannati per i delitti di incendio tentato e danni semplici, per cui erano stati condannati con condanne minori da compiere in libertà vigilata. I persecutori pretendono che siano condannati per incendio doloso chiedendo 18 anni di prigione. Dopo 3 settimane dall’inizio del nuovo processo, si entra nella fase finale fissata per il 30 settembre giorno di chiusura delle arringhe.
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